Pubblichiamo, estrapolandolo dal nostro gruppo Facebook, la testimonianza diretta di una studentessa riportata fedelmente e estremamente chiarificatrice su dove va a finire la domanda di cura, prevenzione e sostegno della maggioranza degli italiani.
Ciao a tutti! Sono una ragazza di 21 anni, studentessa universitaria, e sostengo e trovo entusiasmante il progetto Psicoterapia Aperta. Vorrei condividere con voi la mia esperienza in merito sperando, magari, di darvi una prospettiva diversa sulla questione. Due anni fa ho attraversato un periodo “particolare” durante il quale avevo l’esigenza di rivolgermi ad uno psicologo/psicoterapeuta. Non potevo permettermelo. Il medico di base, in seguito ad un colloquio (ci andai apposta), mi fornì la ricetta grazie alla quale avrei potuto rivolgermi ad uno psicologo dell’ASL gratuitamente. Tempo di attesa? 5 mesi! Comprendete bene che cinque mesi per una persona che sta male sono tantini! Passando per una strada del centro della mia città, vidi un volantino che parlava di un consultorio che offriva consulenze psicologiche gratuite e pensai che, intanto, avrei potuto “accontentarmi” del consultorio. Ci vado, compilo i moduli in una segreteria dove persone totalmente impreparate iniziano a farmi domande sul motivo per cui ero lì (in realtà non lo sapevo nemmeno io, sapevo solo che stavo male), mi danno un codice e mi dicono di tornare la settimana successiva. Ok, ci torno. Mi accoglie un signore, un “dottore” (pensavo di trovare uno psicologo) che, in realtà, mi dice di essere un avvocato. Ma come? Che ci devo fare io con un avvocato? Mi dice che lui è stato preparato dagli psicologi volontari del consultorio ad offrirmi consulenze, valutare il mio disagio e poi, eventualmente, dopo una serie di incontri, stabilire se mi servisse o meno uno psicologo di cui, peraltro, il consultorio dispone. Era tutto molto strano ma decido di continuare. Gli do fiducia, vado lì per circa due mesi ma lui dice che sono una ragazza intelligente, che ho già le risorse per affrontare i problemi che mi affliggevano etc etc. Insomma per farla breve, era completamente incapace di ascoltarmi e di comprendere il mio malessere. Un giorno, senza nemmeno avvisare, decido di non tornarci più. Parlo con mia madre, dicendo che ho bisogno di un suo aiuto economico per rivolgermi ad uno psicologo. Intanto i mesi passano. Mia madre inizia a chiedere in giro e dice di aver trovato uno psicologo consigliatole da un’amica della Farmacia. Ci vado, entrata nello studio mi guardo intorno e cerco di intravedere qualcosa che indichi il fatto che questa persona fosse una psicologa. Vedo la laurea del padre alla parete, medico. Nella stanza dove ci accomodiamo non c’è niente che riguardi lei. Allora le chiedo: <>? Lei mi spiega e dice di essere una counselor, mi parla della sua formazione, della scuola presso cui si è formata e dice che valuteremo insieme la possibilità o meno di intraprendere insieme un percorso. Il costo è di venti euro, capite bene che venti euro sono molto allettanti per una studentessa che non può permettersi chissà cosa. Mi informo sulla scuola di cui lei mi parla, sul tipo di counseling che lei offre (non fornisco dettagli per tutelare la sua privacy) e mi accorgo che è stata formata in una scuola di psicoterapia che, peraltro, io inizio a frequentare per dei seminari aperti a tutti. Inizio questo percorso con lei, la quale mi aggiorna sempre della sua formazione, sul fatto che faccia supervisione ed intervisione con una psicoterapeuta etc. Nonostante lo scetticismo iniziale, mi lascio andare (pur sapendo bene che mi “stavo accontentando” e che non stavo andando da una psicologa). La persona di cui parlo mi ha seguito per un anno e mezzo per diversi motivi che non sto qui a spiegare. Ha anche fondato un’associazione formata da altri counselors formatisi con lei e da una psicoterapeuta che “li controlla” e che per motivi trasversali ho anche conosciuto. Durante il mio percorso con lei sapevo bene di non star facendo la scelta giusta ma ho pensato che in quel momento fosse meglio di niente. Lei mi ha aiutata, devo ammetterlo. Ha aiutato la mia famiglia e grazie a lei mia madre ha iniziato una terapia. Volevo raccontarvi la mia esperienze e dire che, magari, chi si trova in difficoltà, a volte, è costretto ad accontentarsi pur sapendo che non sta facendo la migliore scelta possibile! Aspetto la lista degli psicoterapeuti “accessibili” della mia città e spero, a settembre, di poter iniziare un percorso con qualcuno di loro. Scusate l’intromissione!
Nessuna intromissione, cara Paola (nome fittizio), anzi grazie della tua testimonianza.